venerdì 20 marzo 2015

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Di idee e ideali calpestati, del rovescio dei valori e di come la realtà tenda sempre a superare la fantasia.
Perché se vedi un film - un ottimo film, per giunta - in cui si descrive la triste fine dei laureati nell'Italia moderna e la frase che meglio ne racchiude l'essenza è “Si è vero, sono laureato, ma è un errore di gioventù del quale sono profondamente consapevole!", ti fai una risata, anche se pensi che la situazione paradossale raccontata è una forzatura, che non stiamo messi così male. L'ottimismo è il profumo della vita, come diceva Tonino Guerra in un noto spot.
Però poi nella vita vera vieni a scoprire che davvero le aziende non vogliono spocchiosi (sic) laureati, che si credono in diritto di avere un lavoro dignitoso e ben(?) retribuito solo perché hanno studiato. Vogliono i diplomati. E non dico altro, perché poi che cazzo vuoi dire? L'ottimismo, penso sappiate dove è andato a finire.
E visto che la settimana si concluderà con De Gregori al Palalottomatica, prendo spunto (o copio, o omaggio, a seconda di che visione della vita uno ha) e dedico queste righe a chi continua a non essersi pentito di aver buttato i migliori anni della propria vita in aule sorde e grigie.
Pezzi di facoltà, pezzi di esami
Pezzi di esoneri che diventano verbalizzazioni
Pezzi di scritti, pezzi di orali
Pezzi di carta dentro a pezzi di cornice
Pezzi di colloqui, pezzi che non sei adatto
Pezzi di stage lungo pezzi di contratto
Pezzi di progetto, pezzi di determinato
Pezzi di prospettive da valutare, pezzi di futuro
Ognuno porta la sua croce
Ognuno inciampa sul suo cammino
Apri gli occhi e vai in un altro paese, laureato!

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