lunedì 24 settembre 2012

LA CITTÀ E I CANI, di M. Vargas Llosa

Vecchi ricordi, leggendo questo libro. Mi ha fatto tornare in mente la trilogia 08/15 di Kirst. Questa volta non è una caserma, ma un collegio militare, però non ci sono molte differenze.
Non è piacevole la vita militare, soprattutto per dei ragazzi di neanche vent'anni. Difatti i cani del titolo non sono gli animali. Una vita difficile, crudele, piena di violenze e di ingiustizie che si somma alla vita comune, alle situazioni non sempre semplici delle famiglie dei cadetti della scuola. Oltre al collegio, come detto, vediamo i ragazzi nella città, che poi è Lima, nella loro vita quotidiana. Scopriamo quindi il lato nascosto della città, quello che non vedono i turisti e intravedono appena i viaggiatori. Il libro appena uscito venne pubblicamente bruciato in Perù e non è difficile capire il perché.
Non ci sono elementi particolarmente forti, ma piuttosto un'ininterrotta serie di piccoli eventi che permeano il libro di una sensazione di malessere e disagio. L'esercito, simbolo dell'ordine e del potere, è colpito particolarmente, ma un po' tutti gli aspetti della vita peruviana sono mostrati senza minimamente nascondere gli aspetti negativi.
La particolarità del libro è che è un romanzo corale, confuso al primo impatto, in cui nei capitoli si intrecciano le voci narranti di diverse persone, per di più su piani temporali differenti. Vediamo insieme il presente e il passato, che camminano insieme facendoci scoprire i vari volti dei protagonisti.
Mi permetto di dissentire dalle idee politiche di Vargas Llosa, votatosi negli ultimi tempi ad un deciso conservatorismo.  Ma come scrittore, chapeau.
Da lí può vedere tra le sbarre, come la groppa di una zebra, la strada asfaltata che serpeggia sotto la cancellata e l'orlo della scogliera, sente il rumore del mare e, se la nebbia non è fitta, scorge lontano, proprio come una lancia illuminata, l'argine dei bagni della Punta che penetra nel mare come un frangiflutti e, dall'altra parte, a chiudere la baia invisibile, le luci a ventaglio del suo rione: Miraflores.
Alberto sapeva di trovarsi nel distretto della Victoria perché sentiva l'aria impregnata dell'odore dei cibi e delle bevande creole, un odore quasi visibile di ciccioli abbrustoliti, di pisco, di salsicciotti al peperoncino, di sudore, di birra e di piedi.
Percorre il paseo Colón, deserto come una strada di un altro mondo, anacronistico come le sue case cubiche del diciannovesimo secolonelle quali abitano soltanto i simulacri delle famiglie per bene, facciate che fiammeggiano di annunci, paseo senza auto, con panchine malandate e statue.
Voto: 4/5

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