martedì 11 giugno 2013

IL MONDO ALLA FINE DEL MONDO, di L. Sepúlveda

Un libro piccolino, ma ben fatto. non fatevi ingannare dalle recensioni riportate sul retro che fanno presagire un qualcosa di incredibilmente palloso. Recensioni auliche, altezzose, per le quali il libro richiama concetti metafisici e cose di questo genere. Io l'ho comprato perché conosco Sepúlveda e si stava un po' in fissa per l'Argentina e la Patagonia, prima di virare verso la faccia triste dell'America. Ma senza questo bagaglio culturale, basando mi solo su quanto scritto dai recensori, avrei preferito leggermi i Promessi Sposi.
La storia è semplice, un viaggio del protagonista, un alter ego di Sepúlveda, almeno in parte, dall'Europa in cui vive al paese in cui è nato e da cui manca da molto tempo. Tutto per cercare di risolvere un mistero, per conto di Greenpeace, legato a una baleniera che naviga nelle acque della terra alla fine del mondo. non posso dire altro che già così ho abbracciato un quarto di libro.
Il mistero riguardo la nave crea suspence fino alle ultime pagine, l'ambientazione è qualcosa di spettacolare, sebbene non colpisce tanto l'ambientazione in sé ma la percezione. Infatti la storia rimane sempre in secondo piano, l'avventura in quelle terre e in quei mari lontani è il motore che fa andare avanti la narrazione, ma il cuore del libro è composto dagli stati d'animo causati dal fatto di non trovarsi in un posto qualunque, perché di scenari affascinanti che tolgono il respiro ce ne sono tanti, forse anche più belle di quelli in cui è ambientato il libro. Ma solo uno è la fine del mondo. Solo uno non ha più niente davanti.
Ero in viaggio da meno di quindici giorni e già avevo sperimentato la vita del marinaio, mi erano venuti i calli alle mani, avevo attraversato lo Stretto di Magellano, avevo guadagnato del denaro, e mi trovavo ad un passo dalla fine del mondo a divorare mezzo cosciotto d'agnello.
Le barche che stanno per essere demolite sono sempre uno spettacolo doloroso. Sembrano giganteschi animali feriti sulla via del cimitero.
Mi ricordo, in particolare, di uno di loro. Un uomo alto e corpulento, capigliatura ribelle e barba bianca, che dopo essere stato peón in una estancia, castratore di montoni, capomastro, poi marinaio sulla nave scuola Baquenado e infine baleniere, ha interrotto i suoi peripli australi per diventare il più grande scrittore cileno. Si chiama Francisco Coloane, avrà circa ottant'anni e, ogni volta che un amico gli fa visita, lo porta a navigare sui canali e sui mari della fine del mondo.
Voto:4/5

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