venerdì 22 febbraio 2013

Il giorno prima della tempesta

Fine settimana importante, denso di eventi. L'Italia gioca contro il Galles, per tornare nel fango che ci compete o diventare grande. Gli italiani andranno a votare, anche loro per tornare nel fango o diventare grandi. E ho paura che sia più probabile battere il Galles. E poi c'è lui. Il campionato di calcio, sempre più spezzatino, sempre più marcio, sempre più decadente. Ma sempre più onnipresente.
Dal rugby i presagi non sono dei migliori, ci hanno anche squalificato Parisse. Ma il problema tanto è la testa. La stessa squadra ha dominato contro la Francia e fatto ridere contro la Scozia.
Dalla politica, lo scenario confuso che si staglia davanti a ognuno di noi in realtà è semplice: nel caso andassi a votare e decidessi di non votare scheda bianca o nulla, scelgo un delinquente con provata esperienza, una figura retorica, un burattino incompetente, un comico o una battaglia persa? Io personalmente voterò PD. Nel senso che bestemmierò nella cabina elettorale, per vari motivi non tutti legati alla politica. E poi sceglierò. Mi ritorna in mente il buon Montanelli che una volta, riferendosi alle elezioni, disse: turiamoci il naso e votiamo DC. Ma non è più tempo di turarsi il naso, Indro.
E rimane quindi lui, il dio pallone, al quale voglio rendere un omaggio, riportando le parole di Pier Paolo Pasolini. Attenzione, che è un tipo di persona che potrebbe indurre a votare col culo.
Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro. Il cinema non ha potuto sostituirlo, il calcio si. Perché il teatro è rapporto fra un pubblico in carne e ossa e personaggi in carne e ossa che agiscono sul palcoscenico. Mentre il cinema è un rapporto fra una platea in carne e ossa e uno schermo, delle ombre. Invece il calcio è di nuovo uno spettacolo in cui un mondo reale, di carne, quello degli spalti dello stadio, si misura con dei protagonisti reali, gli atleti in campo, che si muovono e si comportano secondo un rituale preciso. Perciò considero il calcio l’unico grande rito rimasto al nostro tempo.

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