mercoledì 17 ottobre 2012

AMERICANA, di D. Delillo

Il libro è incentrato sulla figura di David Bell, che a prima vista sembra incarnare il sogno americano nella sua realizzazione più compiuta: giovane, bello, una carriera di successo in un network televisivo, carismatico. Sembra avere tutto. Ma già dalle prime righe si intuisce un'insoddisfazione di fondo che attraversa tutto il libro.
Ci sono quattro parti: la prima è il presente, con la vita di Dave a lavoro, le relazioni con i colleghi, la sua vita privata, la sua ex-moglie. Nella seconda parte torniamo indietro e vediamo l'infanzia di Dave. Nella terza il progetto di un documentario, affidatogli dalla rete, naufraga nel nulla. Dave semplicemente lo ingora, non arriverà mai in Arizona, dove lo aspettano per iniziare a girare. Assieme ai suoi improbabili compagni di viaggio invece girerà un film su se stesso, un film assurdo e surreale, un film in cui cerca di far luce su se stesso. L'ultima parte è la deriva finale. con David che gira per il paese in autostop senza una meta precisa, senza più un lavoro, senza niente. Ha quasi distrutto il suo passato. Si è disfatto anche di quasi tutti i bagagli. Alla fine, torna a casa sua, a New York. Non sappiamo però che cosa farà.
La domanda principale è: perché? che gli è passato per la testa? La risposta, in realtà, è semplice: come in Underworld, Delillo mette a nudo il malessere insospettabile che apparentemente dovrebbe essere lontano anni luce dalla nostra civiltà del benessere.  Prima o poi, una persona inizia a chiedersi se quello che ha fatto, quello per cui ha sudato, quello in cui ha creduto sia stato utile. Se ne sia valsa la pena. Se è davvero ciò che si vuole. Potete immaginare quale sia l'opinione di Delillo.
Eravamo lì per incontrare gente interessante con cui chicchierare, quindi rivederci alla fine della serata e dirci quanto ci eravamo annoiati e com'era bello ritrovarsi. È questa l'essenza della civiltà occidentale.
A sud della Quarantaduesima la gente aveva più libertà di decidere il passo, eppure i volti sembravano grigi e afflitti, i corpi intabarrati davano un'impressione di clandestinità, e allora pensai che forse in quella metropoli la folla era davvero essenziale all'individuo, perché senza di essa non c'era nula contro cui rivolgere la propria rabbia, mancava l'eco del proprio dolore, si dissolveva ogni prova concreta dell'esistenza di persone acora più sole al mondo.
Mi infilai sotto le lenzuola gelate. Il soffitto calava proprio sopra di me e alzai il braccio a toccarlo con la punta delle dita. Pensai che a tutti i bambini del mondo dovrebbe essere concesso di dormire in una camera come quella: il bambino adora le nicchie e gli angoli irregolari. Il terrore delle equidistanze, dei piani paralleli che non offrono nascondiglio dà gli incubi.
Che cazzo, siamo in America. Per quanto faccia schifo, dobbiamo imparare a conviverci

Ogni uomo al mondo vuole farsi crescere la barba prima di morire. È un modo come un altro per mandare affanculo tutti.
In questo paese c'è una terza persona universale, l'uomo che tutti vorremmo essete. La pubblicità ha scoperto quest'uomo. E lo usa per rappresentare le possibilità aperte al consumatore. Consumare in America non significa comprare, ma sognare. La pubblicità suggerisce che il sogno di diventare terza persona singolare è effettivamente realizzabile.
Il divorzio è un'invenzione straordinaria, molto meglio delle lunghe separazioni o dell'omicidio. Distrugge la tensione. Libera un gran numero di emozioni salutari fino a quel momento tiranneggiate dalle varie crudeltà mentali. Il divorzio è la strada più educativa ai fini di una comprensione profonda fra due persone. È il secondo passo in ordine di importanza per raggiungere una forma di amore veramente oblativa e gioiosa. Ovviamente il primo è il matrimonio.
Voto: 4/5

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