mercoledì 31 ottobre 2012

La sindrome del viaggio low-cost

Partire è sempre bello, ma bisogna sempre passare per una tappa obbligata: preparare i bagagli. A meno che non si voglia vagabondare senza meta e lasciandosi alle spalle il proprio passato, ma di questi tempi sebbene la tentazione sia forte, è raramente praticata come opzione.
Prendi il tuo zainetto o la tua valigetta, misure al millimetro per evitare che rompano i coglioni e ti costringano ad imbarcare in stiva che oltre al fatto che devi pagare perdi pure un sacco di tempo all'aeroporto a riprenderlo e dici ma a sto punto me portavo un valigione tre metri per tre.
Cerchi di incastrare i vestiti occupando tutti gli spazi disponibili perché non ti puoi permettere di sprecare neanche un centimetro cubo, e più vai avanti e più ti chiedi al ritorno, con tutta la roba alla rinfusa, come riuscirai a chiudere facendo entrare tutto. Eppure ogni volta il miracolo si ripete, e questo ti consola.
Rimedi uno spazzolino mignon, un dentifricio mezzo vuoto sperando che rientri nelle misure consentite, che potresti leggere quali sono per saperlo ma non ne hai voglia. Completi il kit del bravo ragazzo pulito con un paio di campioncini di profumo, speri che il sapone e qualunque altra cosa ti possa servire la troverai lì dove alloggerai o al massimo sti cazzi, te la compri.
Lo spazio è sempre di meno, forse portare un libro di mille pagine non è la scelta migliore. Però i libri iniziati si portano a termine, non si intervallano con altri. Non si fa confusione. Solo i fumetti, data la loro brevità, possono eccepire alla ferrea regola.
Tutto compresso, tutto stretto, sperando che nella calca non si danneggi qualcosa di delicato.
E poi finalmente ti ricordi che stavolta non devi prendere l'aereo ma vai in macchina e quindi vaffanculo tutto, prendi una bella valigia grande e comoda e passa la paura.

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