L'ho rifatto. Non volevo, non pensavo, non credevo, non mi andava. Eppure l'ho rifatto. Ho scritto un altro libro. Sto cercando di analizzare con razionalità come sia stato possibile. L'unica spiegazione plausibile è che tre settimane in Messico andavano preservate, in qualche modo. E sul blog sarebbe stato troppo lungo. Quindi, diversamente dagli altri, più che un libro è un ricordo. A pensarci prima avrei fatto solo libri di viaggi. Perché ora, chiaramente, non mi va di cambiare nulla.
Ad ogni modo, ecco versione cartacea e versione kindle della mia ultima fatica. Come sempre prezzi popolari, margine di guadagno ridotto a poco più di zero. E la versione elettronica ve la posso anche regalare, basta che chiedete.
Ma in tutto ciò, che roba è? Com'è? Di certo inferiore al secondo, che reputo il migliore e che difficilmente riuscirò ad eguagliare; è stato frutto di una combinazione eccezionalmente favorevole data dall'abbondanza di voglia di scrivere, tempo per scrivere e cose da scrivere. Molto meglio del terzo, al quale posso dare solo l'unico merito di fare da lower bound: qualunque cagata tirerò fuori, potrò sempre dirmi che ho fatto di peggio. Diciamo ai livelli del primo, scritto un po' meglio ma meno convincente a livello di contenuti, a meno che qualcuno trovi estremamente interessante il Messico o i cazzi miei.
Ormai è fatta; di sicuro il mio prossimo libro sarà così, un diario di viaggio. Non ho più voglia di inventarmi un cazzo. Però devo cercare di prendere più appunti e scriverli meglio, sennò è tutto un cazzo. Questo mi fa pensare a quella cazzo di frase che ho letto su Facebook che dice che puoi mettere la parola cazzo dove cazzo ti pare, in qualunque cazzo di frase e la frase avrà comunque qualche cazzo di significato. O qualcosa del genere, sti cazzi.
Que viva México, cabrones.
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