venerdì 19 luglio 2013

COSMOPOLIS, di D. Delillo

Ho visto qualche commento in rete che stroncava abbastanza pesantemente questo libro. Mi sembra ingeneroso. Mi aspettavo di più, ma c'è di peggio.
Tutto si svolge in un giorno, con il protagonista, un giovane miliardario (o milionario, a seconda della valuta) che attraversa una città bloccata da cortei di contestazione e misure di sicurezza dovute alla visita del presidente per andare a tagliarsi i capelli a Hell's Kitchen.
La storia è surreale, praticamente quasi tutta svolta all'interno della sua limousine, nella quale si avvicendano i più svariati personaggi. Non può non far venire in mente l'Ulisse di Joyce.
Un racconto caotico, senza sbocchi, con un misterioso pazzo omicida che compare saltuariamente nel romanzo e che tende a farci perdere l'orientamento temporale, il solo che ci fosse rimasto visto che lo spazio sembra dilatarsi a suo piacimento. E lo yen, lo yen in continua ascesa sul dollaro, che ricorre sempre perché al centro di una speculazione fatta dal nostro protagonista. Questo viaggio si trasforma in un'allucinazione, non si riesce a trovare punti di contatto con la nostra realtà. E lascia l'ignaro lettore con la strana sensazione che la vita frenetica, il lavoro, i mercati finanziari tendano ad alienarci.
Ora il sonno lo abbandonava più spesso, non una o due bensì quattro, cinque volte la settimana. Che cosa faceva in quei momenti? Non passeggiava dentro gli arabeschi dell'alba. Non aveva un amico tanto intimo da sopportare il tormento di una telefonata. Cosa dirgli? Era una questione di silenzi, non di parole.
Il sesso ci smaschera. Il sesso vede dentro di noi. Ecco perché è così devastante. Ci spoglia delle apparenze.
Quello che gli altri credono di vedere in una persona finisce col diventare la sua realtà. Se pensano che un uomo sia sbilenco, quell'uomo diventerà sbilenco, scoordinato, perché quello  è il suo ruolo nella vita di chi gli sta intorno, e se dicono che non si veste bene, lui imparerà a trascurare il proprio guardaroba, per disprezzo nei loro confronti e per punire se stesso.
Questo è anche il marchio di fabbrica del pensiero capitalista. Distruzione forzata. Le vecchie industrie vanno rigorosamente eliminate. I nuovi mercati vanno rivendicati con la forza. I vecchi mercati vanno risfruttati. Distruggere il passato, creare il futuro.
La tecnologia è indispensabile alla civiltà perché? Perché ci aiuta a creare il nostro destino. Possiamo fare a meno di Dio, dei miracoli e del volo dell'ape. Ma è anche subdola e incontrollabile. Può andare in qualsiasi direzione.
Ci sono stelle morte che brillano ancora perché la loro luce è intrappolata nel tempo. Dove mi trovo io in questa luce, che a rigor di termini non esiste?
Voto: 3,5/5

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