venerdì 26 luglio 2013

VENTI DI QUARESIMA, di L. Padura Fuentes

Quanto tempo è che non mi leggevo un giallo? Che poi la definizione è fuorviante, non solo perché il libro non è giallo come invece accadeva una volta. Di solito uno pensa a un romanzo poliziesco come una storia in cui qualcuno viene ucciso in un modo assurdo e senza un motivo e tutta la storia è capire come e perché è successo.

In realtà libri come questo possono essere definiti gialli, o polizieschi, solo perché il protagonista è un poliziotto, il mitico Mario Conde. Ma il cadavere, che pure c'è, è solo parte del lavoro del Conde. La vera storia è  la vita all'Avana, lo strano rapporto con gli amici - il Magro, Candito il Rosso, il capitano Jorrìn, il sergente Manuel Palacios - i vecchi ricordi legati alla scuola. Le donne, anzi una donna in particolare.
La vittima era una giovane professoressa dell'istituto frequentato anni prima dal Conde e fatalmente i ricordi e le speranze del passato si intrecciano con il presente; detta così sembra banale, quei discorsi tipo cosa eravamo e cosa siamo diventati. Però è qualcosa che tutti fanno, soprattutto quando ti confronti con gente più giovane e si avverte la grande differenza tra le due generazioni, che riflette il cambiamento della società.
Un'atmosfera noir in una Cuba lontana anni luce dall'immagine stereotipata del mare, delle spiagge e dei Cuba Libre. Una Cuba sicuramente più vera. Non rimane che leggere gli altri romanzi con protagonista Mario Conde, a partire da Maschere che ho trovato a poco più di due Euro su Amazon.
Accidenti al vento, si disse allora, pensando che non doveva crogiolarsi nelle sue malinconie quando conosceva l'antidoto: una bottiglia di rum e una donna - più troia era meglio era - rappresentavano la cura istantanea e perfetta per quella depressione avvolgente.
Tra quei colonnati, in quelle aule [...] avevano smesso di essere bambini e, benché avessero imparato solo certe operazioni matematiche e alcune leggi fisiche ostinatamente invariabili, erano diventati adulti perché avevano cominciato a sperimentare la sensazione del tradimento e anche quella della cattiveria, avevano visto crescere gli arrivisti e disincantarsi certi cuori candidi, si erano innamorati appassionatamente e si erano ubriacati di dolore e di felicità, e avevano imparato soprattutto che esiste una necessità insormontabile che, in mancanza di una definizione migliore, passa sotto il nome di amicizia.
"Cazzo, Vecchio, con te non si può più neanche scherzare." "Non si è mai potuto", ruggì, più che parlare, il Vecchio. Se Dio parlasse, avrebbe la sua voce. "Non so dove trovi la faccia tosta di farlo. Senti, Conde, davvero, me lo dirai prima o poi perché cazzo sei entrato in polizia?"
Il mare, come l'enigma della morte o le vessazioni del destino, operava sempre come un'attrazione magnetica sullo spirito di Mario Conde. Quel blu immenso, scuro e insondabile, lo attirava in modo morboso e insieme piacevole, come una donna pericolosa alla quale non si vuole sfuggire.
Guarda, amico, che non puoi continuare a vivere di nostalgia. La nostalgia ti frega: ti riporta solo quello che vuoi ricordare e questo a volte è salutare, ma paga quasi sempre con moneta falsa. Insomma, io non credo che sarai mai pronto  per vivere, accidenti, sei un caso irrecuperabile. Sei un nostalgico del cazzo. Devi viverla adesso la tua vita, che in fondo non è poi così male.
Era cattiva, caro compaesano, e una persona del genere può far uscire dai gangheri chiunque. [...] Ma sono felice di quello che le è successo, e glielo dico così, senza il minimo rimorso e senza sperare che Dio mi perdoni, tanto lo so da tempo che quell'idiota non esiste.
Voto: 4,5/5

Nessun commento:

Posta un commento