venerdì 17 gennaio 2014

CODICE LIBERO, di S. Williams

Quanti di voi hanno come sistema operativo Linux? Non molti. E ancor meno sapranno che definire Linux ad esempio il mio Ubuntu 13.10 Saucy Salamander è sbagliato, la definizione corretta è GNU/Linux. Linux è solo il kernel del sistema operativo, ma c'è molto altro. In questo libro si racconta di questo e non solo. Trattasi infatti della biografia di Richard Stallman. Doverosa precisazione, inutile solo per i nerd più consumati: è uno dei principali esponenti del movimento del Software Libero, fondatore della Free Software foundation e autore della GNU General Public License, meglio nota come GPL.
Qualcosina la conoscevo, ma grazie a questo libro è possibile conoscere la storia completa di uno dei più grandi pazzi della storia recente. Pazzi in senso buono, naturalmente. Pazzo perché è un programmatore. Pazzo perché aveva e ha ancora un sogno che va contro la logica di mercato del sistema. Pazzo perché solo i pazzi hanno il coraggio di tentare l'impossibile.
Non mi addentro sulla questione del software libero, se sia giusto, se sia realizzabile, se abbia senso. In questo contesto parliamo solo del libro. Ben fatto, anche se richiede un minimo, e forse anche più, di conoscenza informatica per comprenderlo appieno e scoprire come sia possibile che io stia scrivendo queste righe usando programmi di qualità per i quali non ho pagato nulla e senza infrangere la legge.
La copia cartacea di questo libro costa una ventina di euro, se non sbaglio. La versione elettronica è gratuita, non poteva essere altrimenti. Ma non fate confusione, perché come ci ricorda il titolo originale inglese, Free as in freedom, software libero non vuol dire gratuito. Vuol dire ben altro. Vi riporto la definizione del software libero tratta dal sito del progetto GNU che i più intrepidi potranno usare come spunto per approfondire le proprie conoscenze al riguardo:

Un programma è software libero se gli utenti del programma godono delle quattro libertà fondamentali:
  • Libertà di eseguire il programma, per qualsiasi scopo (libertà 0).
  • Libertà di studiare come funziona il programma e di modificarlo in modo da adattarlo alle proprie necessità (libertà 1). L'accesso al codice sorgente ne è un prerequisito.
  • Libertà di ridistribuire copie in modo da aiutare il prossimo (libertà 2).
  • Libertà di migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti da voi apportati (e le vostre versioni modificate in genere), in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio (libertà 3). L'accesso al codice sorgente ne è un prerequisito.
Un programma è software libero se l'utente ha tutte queste libertà in modo adeguato. Altrimenti diciamo che è non libero. I modelli di distribuzione non liberi si possono differenziare a seconda di quanto si distanziano dall'essere liberi, ma per noi sono tutti non etici allo stesso modo. [...] La libertà di distribuire (libertà 2 e 3) significa che si è liberi di ridistribuire copie, con o senza modifiche, gratis o addebitando delle spese di distribuzione a chiunque ed ovunque. Essere liberi di fare queste cose significa (tra l'altro) che non bisogna chiedere o pagare alcun permesso.
“Decisi che avrei sviluppato un sistema operativo di software libero oppure sarei morto provandoci… di vecchiaia, naturalmente.”
“Amavo leggere”, dice. “Se avevo voglia di leggere e mia madre mi diceva di venire a tavola o di andare a letto, non mi curavo di darle ascolto. Non vedevo motivo perché non potessi continuare a leggere. Non c’era nessuna ragione per cui lei potesse dirmi cosa fare, punto e basta. In pratica, quello che avevo letto su robe tipo democrazia e libertà individuale, lo applicavo a me stesso. Non mi pareva giusto escludere i bambini da simili principi.”
Se Dio era davvero così potente da aver creato il mondo senza tuttavia far nulla per correggerne i problemi, perché mai avremmo dovuto adorare un tale Dio? Non sarebbe stato invece meglio metterlo sotto processo?”
Basta interpellare chiunque abbia avuto l’opportunità di trascorrere più di un minuto in presenza di Richard Stallman, e se ne ricaverà la medesima impressione: se tralasci i capelli lunghi e qualche atteggiamento un po’ strambo, la prima cosa che noti è il suo sguardo. È sufficiente un’occhiata agli occhi verdi di Stallman per rendersi conto di avere davanti qualcuno che ci crede davvero.
I programmi GNU sembravano “cattedrali”, monumenti all’etica hacker, impressionanti, pianificati in modo centralizzato, costruiti per durare nel tempo. Linux, d’altra parte, era più simile a “un grande bazaar vociante”, un programma sviluppato grazie alle dinamiche sciolte e decentrate offerte da Internet. Implicito in ogni analogia stava il raffronto tra Stallman e Torvalds. Laddove il primo rappresentava il classico modello di architetto di cattedrali – un “mago” della programmazione capace di sparire per 18 mesi per tornare con qualcosa come il GNU C Compiler – il secondo sembrava piuttosto il geniale organizzatore di una festa.
Ad un certo punto, Tracy si lasciò andare ad un enfatico “Dio ce ne scampi!”, solo per ricevere un tipico rimprovero di Stallman. “Mi spiace fartelo notare, ma Dio non esiste”, ribatté.
Voto: 4/5

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