mercoledì 8 agosto 2012

NON SO CHE VISO AVESSE, di F. Guccini

Quasi un'autobiografia, recita il sottotitolo del libro ed è decisamente azzeccato. La prima parte è effettivamente la vita di Francesco, raccontata da sé medesimo, badando più ai ricordi e alle impressioni che non alla stringente cronologia. Aver letto Croniche Epafaniche e Vacca d'un cane, nei quali Francesco racconta con grande dettaglio l'infanzia a Pavana e poi l'adolescenza a Modena si è rivelato un prezioso aiuto per integrare questo libro.
La seconda parte, che non è di Francesco, che timidamente si fa da parte, ma di un altro che ora non ricordo, è una biografia musicale. Si ripercorre la lunga storia musicale di Francesco, dalle prime canzoni come Dio è morto, Noi non ci saremo all'esordio con Folk Beat N.1 passando per Radici, Via Paolo Fabbri  43, Metropolis, una lunga serie di album indimenticabili conclusa per il momento con Ritratti del 2004.
Se la prima parte scorre piacevolmente, col consueto stile gucciniano, seppur quasi totalmente privo di termini pavanesi come nei libri precedenti, la seconda parte annaspa a tratti. L'interesse per i dettagli sugli album di Francesco combatte con descrizioni eccessivamente leziose. Paroloni pomposi, che mal si addicono a colui che ritiene che il vino si divida in due grandi categorie: bianco e rosso.
Ad ogni modo un buon libro, ben fatto, che un gucciniano con oltre venti anni di militanza come me, eredità paterna della quale sarò eternamente grato, non può che apprezzare. 
Volevo chiudere con un verso di una canzone; inizialmente mi ero perso, non sapevo scegliere. Poi riflettendo, solo una canzone può essere usata come chiusura:

Ma a noi piace pensarlo ancora dietro al motore
mentre fa correr via la macchina a vapore
e che ci giunga un giorno ancora la notizia
di una locomotiva, come una cosa viva
lanciata a bomba contro l'ingiustizia,
lanciata a bomba contro l'ingiustizia,
lanciata a bomba contro l'ingiustizia!

Dal Guccino munaro del Cinquecento ai Guccini mugnai ai primi del Novecento. Avrebbero mai immaginato, questi ultimi, che una settantina di anni dopo sarebbero finiti sulla copertina di un LP?
Ma, ogni volta che potevo, leggevo: anzi, fin dal primo libro che ho letto prima di andare a scuola, Pinocchio,  la mia gioia più grande era leggere e il mio terrore più grande era rimanere senza leggere.
L'osteria è morta, ma non gridiamo, come per i re: "Viva l'osteria". In questi casi, se le cose vanno per un verso, giusto che ci vadano. I tempi sono tempi. ed è inutile piangere sul latte, pardon, sul vino versato
Voto: 3,5/5

Nessun commento:

Posta un commento