Un giorno mio padre mi chiese cosa fosse questo gioco per
me. Ghiaccio: rimasi in silenzio per qualche minuto. Poi, inerme, farfugliai
due, tre, quattro sillabe sconclusionate. Ed andai via, con meno vérve d’un
rotolo di carta igienica usato. Allora cercai di spiegarlo anzitutto a me, prima che a lui.
Pensai ad una lista di cose da dire, qualora me l’avesse richiesto, in modo da
farmi trovar pronto. Le sue regole di anno in anno più raffinate, il suo
modo unico di tenere insieme me ed i miei amici, il suo calzante alone di
competenza calcistica che lo rende un compendio ad un mondo altrettanto
affascinante. Ma nulla di tutto ciò sarebbe stato abbastanza esauriente. Volevo
che mio padre, ma soprattutto io, capissimo cosa fosse, davvero quel gioco.
Poi ricevetti una telefonata. L’ennesima telefonata di un
amico che mi derideva per la brutta figura rimediata, contro di lui, la
domenica passata. In me si alternarono contemporaneamente vecchi rigurgiti di rabbia
repressa, misti a turgidi sussulti d’orgoglio, racchiusi in tutta una serie di
divagazioni sulla mia professionalità gestionale da coach d’una squadra che, a
pensarci bene, manco esiste. E soprattutto che mai esisterà, se non nella mia
mente malata di questo gioco. Chiusa la telefonata, ed esaurita
quell’esagitata ma al contempo divertita parentesi, tornai alla mia giornata,
al mio lavoro, alla mia normalissima quotidianità. Passarono pochi istanti.
Levai gli occhi al cielo come d’incanto, le pupille mi si sbarrarono, ed
improvvisamente tutto mi fu
straordinariamente chiaro: ero tornato me stesso, e m’ero
appena levato una maschera. La maschera più divertente del mondo.
“Non si può indossare per troppo tempo una maschera senza che, togliendola, sul viso ne rimangano i segni” - Julio Cortàzar
Ecco cosa rende inestimabile questo gioco, unico gioco del
gioco del calcio al mondo: ora finalmente l’ho capito. Per farlo ho dovuto
percepire sulla mia pelle la sensazione unica che mi lascia questa maschera.
Questa è la maschera che indosso solo ed esclusivamente quando gioco con gli
amici. E quando la indosso posso fingermi un tecnico di fama
mondiale, posso dirigere gli acquisti e le posizioni in campo, contrattare
affari multimilionari con altri Preside-ficie-nti: il tutto giocando. Straordinario.
Io sono un mio sogno, con questa maschera indosso: ed ho finalmente anche capito
il perché di questa piacevole sensazione di libertà. E’ perché
fondamentalmente sono ancora un bambino, nonostante la mia età, il mio completo
grigio-perla, il mio badge e le mie bollette da pagare a fine mese. Ed
esattamente come un undicenne, che indossa una mascherina nera che gli copre
gli occhi, brandisce al vento la sua spada di gomma, e diventa Zorro, io allo
stesso modo metto su la mia maschera di fantasia e divento ciò che i miei sogni
vogliono ch’io sia. Occhio, però: non sto dormendo. Sono vigile più che
mai. D’altra parte, lo so bene: l’unica maniera che ho per realizzare i miei
sogni è svegliarmi. Eccomi, sono sveglio. E sono qui per spiegarti, papà, qual è
la vera essenza di tutto ciò.
«Un giorno un fattore comprò a caro prezzo un bellissimo
cavallo, che, purtroppo, dopo pochi giorni, s’ammalò. Il veterinario disse al
fattore: “il suo cavallo ha un virus e deve prendere queste medicine per 3
giorni; dopo il terzo giorno verrò a controllare: se non si sarà ripreso
dovremo abbatterlo”. Il maiale, lì vicino, ascoltò tutta la conversazione. Dopo
il primo giorno di medicinali tutto era come prima. Il porco si avvicinò al
cavallo e gli disse: “Forza amico, alzati !” Il secondo giorno la stessa cosa, ma
il cavallo non reagì. “Dai amico, alzati, altrimenti dovrai morire !” lo avvisò
il porco. Anche il terzo giorno la cosa si ripeté. Il veterinario, allora,
comunicò al disperato fattore di dover abbattere il cavallo. Il porco,
sentendolo, corse verso il cavallo per avvisarlo: “Coraggio, vecchio mio, il veterinario è
arrivato, forza, ora o mai più ! Alzati subito, dài !” . Subito il cavallo si
diede un sussulto, si alzò e cominciò a correre. “Miracolo ! Dobbiamo festeggiare!!”,
gridò il fattore. “Facciamo una festa ! Ammazziamo subito il maiale !” ».
Questo gioco è una guerra, è un tutti contro tutti. Non aiutare mai i tuoi amici, non segnalare gli infortuni, non consigliare chi schierare: fatti sempre i fatti tuoi. Ne potresti pagare le conseguenze.
«Un vecchio pastore, pascolando il suo gregge di pecore,
vede in lontananza una sportiva cabriolet che avanza lasciandosi dietro una
nuvola di polvere. Il guidatore, un giovane con un elegante abito, si sporge
dal finestrino dell’auto e dice al pastore: “Se ti dico esattamente quante
pecore hai nel tuo gregge, me ne regali una?”. Il pastore guarda l’uomo, poi si
volta verso il gregge ed acconsente alla scommessa. A questo punto il ragazzo
tira fuori il suo PC portatile, lo collega ad Internet, seleziona un
sistema GPS per conoscere la sua posizione, trasferisce i dati, tramite
satellite scansiona l’area, e ne fa una foto ad altissima risoluzione. Con un altro
software analizza l’immagine, la elabora, e su un foglio EXCEL produce una
relazione di 150 pagine, a colori, con la sua stampante miniaturizzata. Poi
fa al pastore: “Lei possiede 1.586 pecore”. Ed il vecchio: “Complimenti,
giovanotto. Adesso immagino che vorrà prendersi la sua pecora”. Il giovane
annuisce, prende un animale e se lo carica in auto. Il pastore quindi aggiunge:
“…E, ragazzo… Se indovino che mestiere fai, mi restituisci la pecora?”.
“OK, perché no?”. “Sei un consulente”, dice il pastore a bruciapelo. ”E’ vero,
ma come hai fatto ad indovinare?”. Ed il vecchio: “Facile. Sei comparso senza
che nessuno ti cercasse, vuoi essere pagato per una risposta, che tra l’altro
già conosco, ad una domanda che nessuno ti ha fatto, e non capisci una
virgola del mio lavoro: adesso restituiscimi il cane!”»
Come ti dicevo prima, a questo gioco non dare consigli, ma soprattutto non accettarne. Segui solo ed esclusivamente le tue idee, ed anzi diffida da fantallenatori ipercompetenti e preparati.
«Un giorno un Re fece mettere un’enorme pietra in mezzo ad
una strada. Nascondendosi, rimase ad osservare se mai qualcuno si fosse preso
la briga di spostare la grande pietra che troneggiava in mezzo alla
strada, ostruendo il cammino. Alcuni mercanti si limitarono a girarle attorno;
altri sudditi protestarono contro di lui, dicendo che le strade del reame
erano sporche; ma nessuno di loro provò a muovere la pietra da lì. Ad un certo
punto, dalla strada, passò un misero contadino, con un grande carico di
verdure sulle spalle. Posò il suo peso, s’avvicinò alla roccia, e dopo un
immane sforzo, la spinse fino al ciglio della strada. Tornò indietro a
prendere il suo carico e notò che c’era una piccola borsa nel luogo in cui
prima stava la pietra, che conteneva molte monete d’oro e una lettera scritta dal re
che diceva che quell’oro era per la persona che avesse rimosso la pietra dalla
strada»
Sono molteplici gli ostacoli che ti si opporranno lungo il cammino. Avversari temibili, infortuni gravissimi, infiniti 65.5, autogol e disgrazie. Ma non abbatterti: tutti gli ostacoli sono un’opportunità per migliorare.
«Un asinello, stanco e carico di legna sulla groppa, sta
salendo su per una montagna scoscesa. All’improvviso, si imbatte in un maiale,
che tutto tronfio e un po’ sbruffone, gli fa: “Ehi, asinello! Proprio non ti
invidio...Io m’abbuffo di cibo, dormo tutto il giorno, mi diverto un sacco a
scorrazzare nel letame, vivo libero e coccolato mentre tu sgobbi dalla mattina alla sera,
il padrone ti riempie di frustate se non cammini, e alla fine ti becchi pure
una misera carota per cena! Che pena mi fai!”. E l’asino, sereno e pacifico: “Ehi,
maiale. Ma sbaglio o tu non sei lo stesso dell’anno scorso?”».
Dieci gol e sette assist di vantaggio, al sabato sera, potrebbero non bastare.
«Due giovani monaci studiavano in seminario, ed entrambi
erano incalliti fumatori. Il problema più grosso che si ponevano, da buoni
monaci, era se potessero fumare durante la preghiera. Non riuscendo a
risolverlo, decisero di rivolgersi ai loro superiori. A cose fatte, uno chiese
all’altro che cosa gli avesse indicato il superiore. “Sono stato rimproverato
aspramente solo per aver parlato del fatto” ,disse il primo. “Ed il tuo
superiore, invece, cosa ti ha detto?”. “Il mio fu molto compiaciuto, fratello” , disse
il secondo. “Mi ha detto che facevo benissimo. Ma dimmi, che domanda gli ha
fatto tu?”. Ed il primo, affranto: “Ovvio. Gli ho chiesto se posso fumare
mentre prego”. “Te la sei voluta tu – gli risponde l’altro - . Io gli ho
chiesto: posso pregare mentre fumo?”».
L’asta è solo una lotta psicologica. Quando stai per chiamare quel trequartista diciottenne sconosciuto che vuoi prendere fortemente, fingi disinteresse, distogli l’attenzione, usa le migliori tecniche mentali che hai per far contenti e fessi i tuoi rivali.
«Thomas Edison impiegò molto tempo per inventare la prima
lampadina: si dice che abbia fatto più di duemila esperimenti per
perfezionarla. Alla conferenza stampa per lanciare la sua invenzione, un
giornalista insistente mise il coltello nella piaga: “Dica, signor Edison, come
ci si sente ad aver fallito duemila volte nel tentativo di costruire una
lampadina?”. “Giovanotto,” disse Edison, “io non ho fallito duemila volte nella
costruzione di una lampadina. Ho scoperto millenovecentonovantanove modi per
non costruirla”».
Segui sempre il tuo istinto durante l’asta, alla caccia di nuovi talenti. Schiera sempre quel medianaccio imberbe da zero bonus, se quella domenica senti che possa fare gol. E quando sbagli, sii orgoglioso dei tuoi errori.
Adesso hai capito, papà? Alla fine è un sogno ad occhi
aperti, ma segue le stesse, difficili, ma utili, regole della vita. Quelle che
proprio tu, da bambino, mi hai insegnato. Che dici? Che mi distoglie dalle cose
importanti della vita? Dal lavoro, dallo studio, dalle cose “serie”? Beh, ma
sappi che io avrò sempre e comunque bisogno di questo gioco. Di mettere la
maschera e tornare bambino, per scansare lo stress e dedicarmi a loro, ai miei
amici, al litigare insieme, allo stare insieme, al bere insieme mentre
ne discutiamo. Come dici? Che non lo capisci? Allora ti racconto una storia…
«Un professore di filosofia iniziò la lezione inaugurale del corso
accogliendo gli studenti senza dire niente. Prese un grosso barattolo di vetro
e lo riempì con delle grosse pietre. Quindi chiese agli studenti se il barattolo fosse
pieno. Loro risposero che lo era. Il professore, allora, prese alcuni sassolini
e li versò nello stesso barattolo. Scuotendo leggermente il contenitore, questi
andarono a infilarsi tra le pietre. Chiese nuovamente se il barattolo, ora,
fosse pieno. Di nuovo la risposta fu affermativa. A questo punto egli prese della
sabbia, e la versò nel barattolo. Naturalmente la sabbia riempì gli spazi
vuoti. Chiese quindi un’altra volta se il barattolo fosse pieno. Gli studenti
risposero in modo unanime di si. Il prof, a questo punto, tirò fuori una
bottiglia di birra dalla sua valigia, e la versò nel barattolo. Gli studenti risero,
esterrefatti e divertiti. Il prof spiegò: “Voglio che capiate che questo barattolo
rappresenta la vostra vita. Le pietre sono le cose davvero importanti: gli
amici, la salute, i figli, cose che se qualsiasi altra cosa fosse perduta,
continuerebbero a essere fondamentali e a riempire la nostra vita. I sassi più
piccoli sono cose importanti, ma un po’ meno di quelle precedenti: il lavoro, la casa, i
libri…La sabbia rappresenta invece le piccole gioie quotidiane, un buon pasto,
un bel libro. Ora, se nel barattolo della vostra vita mettete prima la sabbia,
non rimarrà più posto per le pietre e i sassi. Se anteponete le cose meno
importanti a quelle fondamentali, non avrete energia, tempo, spazio per quelle
che davvero contano. E stessa cosa per i sassolini: quindi fate attenzione
all’ordine delle cose. Decidete le vostre priorità ... il resto è solo
sabbia”. Uno studente, a quel punto, chiese, giustamente: “Prof...e le birre?”.
E lui, pacifico: “E me lo chiedi pure? Ovvio. Non importa quanto sia piena la vostra
vita: c’è sempre tempo per una birra con gli amici”».
Allora, papà, adesso hai capito cosa rappresenta questo
gioco, per me?
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