lunedì 26 maggio 2014

CRONACHE DEL DOPOBOMBA, di P.K. Dick


Mi ero sempre lamentato del fatto che i romanzi di Dick finivano sempre a cazzo, o meglio non finivano. Stavolta sono stato accontentato, un finale che abbia senso c'è. E non mi ha soddisfatto. Evidentemente sono io il problema, allora.
Non mi ha fatto impazzire, stavolta. Sarà l'ambientazione, in un mondo tornato anni indietro dopo la guerra atomica; saranno i personaggi inquietanti. Però il solito scenario cupo dei libri di Dick era insostenibile, soprattutto all'inizio. Dopo metà libro un po' è passato, ma i primi capitoli dopo le bombe erano difficili da leggere. Facevano veramente male. Avvertivo una sensazione di malessere, dovuta all'anormalità dei personaggi e della situazione. La perdita di tutto quello a cui siamo abituati, l'orrore dei cambiamenti e delle mutazioni, la claustrofobia che trasmetteva Walt Dangerfield costretto fino ala morte a rimanere da solo, in orbita su un satellite. Troppo, decisamente troppo. Un libro che nonostante tutto non lascia molta speranza alla fine, non tanto sulla possibile rinascita della civiltà perché con la dovuta calma si cercava di ricostrutire, ma sulla rinascita dell'essere umano. Quasi tutti i personaggi sembrano aver perduto la loro umanità, costretti a sopravvivere in un ambiente non più costruito a loro immagine e somiglianza. L'unico che sembra non aver ceduto alla distruzione è Stuart McConchie, che però per sopravvivere mangerà un topo crudo dopo averlo spellato e che insensatamente, dopo la fine dei bombardamenti, cercherà di accumulare carta moneta anche se non è più necessaria, ormai. 

Dopo ciò, è il caso di fare una lunga pausa con Dick, sebbene ho già comprato altri due libri. Non potrei resistere. Probabilmente aver letto Terry Pratchett poco prima non ha aiutato.
«In tempi come questi» disse pensieroso Barnes «capisco che un bambino possa rifugiarsi nella fantasia... come si fa a biasimarlo? Forse dovremmo farlo tutti.»
In un certo senso non esistono mostri, individui anormali, se non da un punto di vista statistico.

Voto: 3/5

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