sabato 3 maggio 2014

DOVE SONO IN QUESTA STORIA, di E. Kusturica

Una biografia, genere che non mi fa impazzire, infatti ne leggo poche e solo di personaggi estremamente selezionati. Dopo Giorgio Canali e Fabrizio De andré, rimaniamo in ambito artistico ma andiamo sul cinema. Ho visto un solo film di Emir Kusturica: Underground. Ma è stato sufficiente per farmi interessare al personaggio.
Oltre al delirante film, il quale per oscuri motivi non è ancor stato seguito da altri, sebbene ho da un anno il DVD di Maradona, è chiaramente l'origine del personaggio che lo rende interessante. Bosniaco naturalizzato serbo, cresciuto a Sarajevo, in pieno periodo di guerra fredda e appartenente ad una ristretta cerchia di privilegiati che ha avuto l'onore di vedere in Europa il proprio paese bombardato dopo la fine della Seconda Guerra mondiale.
Scenari politici che segnano e che emergono chiaramente sia in quanto scritto nell'autobiografia sia nei film, che necessariamente sono influenzati dalle proprie esperienze.
Sicuramente una lettura interessante, perché permette di conoscere meglio uno dei registi moderni più importanti e di riflesso scoprire o scoprire delle storie successe proprio di fronte a noi, dall'altra sponda del mare, ma che sembrano lontanissime.
Oggi la massa segue il modello gallinaceo e ricorda solo ciò che avviene fra una distribuzione di becchime e la successiva.

Nel nostro paese non c’erano classi sociali, le persone non si dividevano in ricchi e poveri. Da noi valevano solo divisioni del tutto originali e per questo mio padre era arrabbiato. Se in occasione dell’accoglienza al compagno Tito alla tua scuola toccava in sorte la strada del centro città che, naturalmente, portava il nome di Tito – e questo era il caso di tutte le città del nostro paese –, sapevi che stavi frequentando la scuola giusta. Se ti cacciavano in periferia, come avevano fatto con noi, sapevi che la tua era la scuola sbagliata.

“Ma come potrei io diventare un regista?” “Non è difficile, impari un po’ di tutto, non sei specialista di niente, sai tutto, ma non sai niente alla perfezione.”

“Tu esageri, ma non importa, sei giovane, pensi con la tua testa. Del resto la democrazia è quando gli uomini la pensano diversamente, senza per questo tirar fuori i coltelli gli uni contro gli altri.

Eravamo come gli esiliati di un dramma di Čechov, nel quale la minima possibilità di un cambiamento provoca paura e paralisi. Quella paura incatena come un sogno tormentoso e non permette di entrare in una nuova vita e di svegliarsi in un tempo nuovo, differente, e, forse ancora meglio, in uno spazio diverso.

Tutte le grandi città dell’America assomigliano più a una mostra di materiali per l’edilizia che all’idea europea di città.

Guardando i programmi e le televisioni più diverse e osservando le differenti interpretazioni degli stessi fatti, compresi che a Hitler, per il successo completo della sua politica criminale, era mancata solo la televisione. Nessuno lo avrebbe distrutto se avesse avuto un programma tv!

La gente potrebbe vivere senza la maggior parte di quegli oggetti, ma non sa resistere. Come un tempo andavano a pregare Dio, a guardare cieli stellati e iconostasi, oggi come pecore vanno a fare shopping.

Quando ci godiamo Hitchcock, quando sappiamo che John Lennon è nostro fratello e quando passeggiano per la Luna. Non va bene quando ti bombardano e chiamano le bombe angeli. La cosa peggiore è quando comprendi che non puoi avere le cose suddette senza le relative conseguenze.

Forse la casa non è qualcosa di cresciuto assieme a lui come nel caso della chiocciola o del mollusco, ma di sicuro per l’uomo la casa è una base. Perfino quando non ha una casa e va in rovina, quella sua rovina si misura con la casa che non ha.
Infatti, come dice un vecchio detto indiano, quando picchi a pugni nudi, allora è giusto che ti chiamino selvaggio e barbaro. Quando invece fai cadere tonnellate di bombe, atomiche comprese, sei un civilizzatore che esegue il suo compito.
Sottolineavano il mio “carattere selvaggio”. Infatti, come dice un vecchio detto indiano, quando picchi a pugni nudi, allora è giusto che ti chiamino selvaggio e barbaro. Quando invece fai cadere tonnellate di bombe, atomiche comprese, sei un civilizzatore che esegue il suo compito.
Voto: 4,5/5

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