mercoledì 22 febbraio 2012

EVA LUNA, di I. Allende

Isabel Allende non mi ha mai attirato, difatti ho comprato il libro solo perché l'ho trovato usato a prezzi d'occasione. Alla fine è andata anche meglio di quanto mi aspettassi, dopo un inizio difficile il libro è riuscito a coinvolgermi in maniera sufficiente. Non è male, dopotutto. 
Ricorda un po' il Garcia Marquez di Cent'anni di solitudine, con le atmosfere a metà tra il reale e il fantastico, in un paese imprecisato del Sudamerica in un tempo che potrebbe essere anch'esso imprecisato, sebbene ci siano date nel libro. Ma non dura cent'anni, saranno circa venti, i primi vent'anni di vita di Eva Luna, più qualche digressione sulla madre e su Rolf Carlé, un tizio molto strano che avrà sempre più importanza nel corso della storia. Un romanzo di formazione, a suo modo, con la piccola Eva che cresce districandosi tra la povertà e l'instabilità politica del paese, usando il suo grande dono: la capacità di raccontare storie.
Penso che il problema sia mio. Adesso per convincermi a pieno un libro deve essere concreto, profondo, reale, devo potermi immedesimare nel contesto. E con eva Luna è proprio impossibile. Troppo vago, sfuggente, con la tendenza al lieto fine che si percepisce spesso nel corso dei capitoli per poi sbocciare con garbo nel finale. Non che mi dispiaccia il lieto fine, anzi ci rimango di merda quando un libro finisce male, come ad esempio il sesto volume della trilogia della Guida galattica per autostoppisti, ma quando il lieto fine avviene per intervento della provvidenza divina sfidando le più improbabili combinazioni non mi piace molto. Troppo facile. Non è neanche un problema di ambiente, ci sono altri scrittori sudamericani che hanno impostato i loro scritti ben diversamente, come Osvaldo Soriano, Mario Vargas Llosa, Julio Cortàzar e che mi piacciono molto di più. Ma anche Jorge Luis Borges, in cui la dimensione più che magica è mistica, trascendente la realtà.
Sto notando che ho dato lo stesso voto a Eva Luna e a Underworld. Diciamo che a suo modo sono complementari. Eva Luna ti spinge a continuare, ti appassiona di più, ma non ha la sostanza di Underworld, non lascia ad ogni pagina la sensazione di poter scoprire qualcosa su se stessi e il mondo in cui viviamo. A entrambi manca qualcosa per meritarsi un voto più alto, ma le mancanze di Underworld non sono tali da spingermi ad accantonare per il momento l'autore. Per Eva Luna il discorso è differente. Quando ho finito di leggere mi è sembrato naturale, la storia è finita e tutti vivranno felici e contenti, non c'è altro da dire. Non ho avuto la sensazione di vuoto che ho provato in passato dopo aver  finito libri che mi avevano rapito completamente, non ho avvertito la tristezza che invece avevo al pensiero di non poter continuare a leggere ancora di Arthur Dent, di Herbert Asch, di Coluccini e Zarate, della Maga e di Manolo Traveler, di Don Durito della Lacandona e del Sup, di Nick Shay, di John Yossarian, di Rob Fleming, di Nikolaj Stavrogin, di Nick Belane e di molti altri.
Per dirlo in una parola, è distante, distante da me, dal mondo, dalla realtà; è una storia molto bella, ma almeno per ora non mi basta. Distante ed evanescente, come una fiaba. Che poi non è detto che le fiabe siano necessariamente distanti ed evanescenti, basta leggere i Racconti per una solitudine insonne del Subcomandante Marcos, ma questa è un'altra storia, o meglio sono altre storie, come la favola del maialino schizofrenico, la favola del lime in crisi d'identità, la storia del piede freddo e del piede caldo..
Per questo motivo Isabel Allende è rimandata a tempi migliori, quando avrò voglia di evadere dalla realtà o quando troverò un altro libro a un prezzo vergognosamente basso.
Come di consueto, qualche citazione.
[...]una statua equestre del Padre della Patria in bronzo, con la bandiera in una mano e le redini nell'altra, umiliata dalla cacca dei colombi e dal disinganno storico.
Bisogna farla un po' di guerra.  I cani rabbiosi li lasciano in pace, quelli docili invece li prendono a calci. Bisogna sempre battersi.
Era arrivato con la famiglia lì, in capo al mondo per sfuggire alla guerra, in quanto, non avendo nessuna vocazione per la vita militare, gli era parso una stupidaggine lasciarsi ammazzare per una bandiera che considerava solo un cencio legato a un'asta.
Mentre nella capitale i magnati comunicano per telefono per discutere di affari con i soci in altre città del globo, ci sono regioni delle Ande dove le norme del comportamento umano sono quelle trapiantate cinque secoli fa dai conquistatori spagnoli e in certi villaggi della foresta gli uomini vagano nudi sotto gli alberi, come i loro avi dell'Età della Pietra.
Voto: 3,5/5

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