lunedì 20 febbraio 2012

UN GITANO SEDENTARIO, di A. Granado

Il caso ha voluto che il libro successivo alla biografia di Giorgio Canali, nella mia catasta di libri da leggere, fosse un'altra biografia. Questa volta il protagonista è Alberto Granado, famoso per essere stato il compagno d'avventure di Ernesto Guevara nel suo primo viaggio attraverso l'America Latina. Alberto, che rimase in Venezuela al termine del viaggio, nel 1961 raggiunse Ernesto a Cuba, per stabilirvisi definitivamente. Diciamolo, il libro non è malvagio, inoltre leggendo la vita di Alberto scopriamo o riscopriamo, a seconda di quanto si è informati, la storia del Che e di Cuba. Ma il grave difetto del libro è proprio questo.

Mi sembra che riguardo Cuba ci sia un'eccessiva esaltazione e magnificazione dei successi della Revoluciòn. Sono pensieri e ideali che condivido, però mi sembra spesso che assuma toni propagandistici. Non che io possa smentirlo, sulla vita a Cuba sicuramente ne sa più di me. Però, con rispetto, nella tua autobiografia della sanità di Cuba me ne frega relativamente. La figura del Che, invece, è una presenza quasi ossessiva, tanto che a volte mi chiedevo se non avevo sbagliato biografia. E anche qui, caro Alberto, io ammiro profondamente il Che; ma volevo conoscere la tua vita, non la sua, leggendo la tua autobiografia.
Ecco, per essere una biografia, manca di intimità; Alberto Granado lascia troppo spazio a Ernesto, agli interminabili discorsi di Fidel e alla storia cubana. Sarò strano, ma a me la vita di un uomo qualunque entrato nella storia in punta di piedi, quasi per sbaglio, mi interessava molto. Per questi motivi, non posso andare oltre una sufficienza stiracchiata, strappata per quattro motivi:

1) Si parla di Cuba, in fondo  l'argomento mi piace;
2) L'ho comprato a metà prezzo, il che mi rende più indulgente;
3) Alberto Granado è morto il 5 marzo 2011; con i morti siamo tutti più buoni;
4)Ci sono alcune frasi interessanti.
Comunque ci sono due cose che conservo ancora delle mie abitudini di piccolo borghese. Una è il desiderio di viaggiare, di conoscere posti nuovi, e abitudini diverse, e soprattutto di entrare in contatto con persone d'ogni sorta; l'altra è il piacere di brindare con gli amici.

Continuavo a sentire le parole di Fidel: "Ci sono due mondi, quello del popolo rivoluzionario e quello di una minoranza spregevolmente debole, incapace di esprimere solidarietà e sensibilità". Io avevo scelto di stare con il popolo rivoluzionario.
Un'altra attività criminale compiuta dal governo statunitense fu l'introduzione del dengue nel nostro paese. [...] Se aggiungiamo il costo dei medicinali, si può vedere quanto fosse perfida l'azione delle multinazionali, che in realtà sono vere e proprie associazioni a delinquere che appoggiano la politica scellerata degli stati Uniti per ottenere profitti. 
Oggi nessuno crede nella democrazia rappresentativa. Sono tutti ladri, dicono, è inutile andare a votare, e così si dividono tra quanti disertano le urne, come è accaduto nelle ultime elezioni in Argentina, e quanti si rifugiano in una miriade di piccoli gruppi estremisti di destra o di sinistra. In tal modo,  si favorisce il potere: presidenti che governano a colpi di decreti, fregandosene delle istituzioni e dei cittadini.
Mi sono ancor più convinto che le religioni frenano lo sviluppo perché  alla fine sono sempre funzionali ai potenti, sfruttando l'ignoranzae i timori delle persone semplici.[...] Io mi chiedevo: quanti poveri e infermi potrebbero migliorare la propria situazione se i milioni di dollari che entrano ogni anno nelle casse del Vaticano anche solo dall'amministrazione dei musei, venissero usati per creare strutture sanitarie in Africa anziché rimpinguare i forzieri dello stato più ricco del mondo? Quanti bambini e anziani potrebbero trascorrere le vacanze a Castel Gandolfo, il cui mantenimento costa migliaia di dollari al mese anche se viene usato da una sola persona? E mi davo la risposta da solo: San Carlos - come il Che chiamava Marx - hai proprio ragione. La religione è l'oppio dei popoli.

Durante l'intervista mi avevano scattato diverse foto. Poiché in una compaio scalzo, alcuni amici mi chiesero perché avevo permesso che mi riprendessero così. Risposi: io sono sempre io; con le scarpe o senza, le mie parole hanno lo stesso valore.

Voto: 3/5

Nessun commento:

Posta un commento