sabato 7 aprile 2012

MISERIA DELLA FILOSOFIA, di K. Marx

Questo libro è una critica di Marx a uno scritto di Proudhon dal titolo "Filosofia della miseria". Questo non mi garba molto. Quando si criticano gli altri, l'avevo notato leggendo Lenin, si tende poi a lasciarsi sfuggire il proprio punto di vista, ovvero criticare gli altri per mancanza di solidità scientifica e poi esporre la propria visione senza motivazioni. Marx qualche volta cade nel tranello, ma riesce tutto sommato a esprimere con forti motivazioni il suo pensiero, aiutato anche da alcuni concetti effettivamente ridicoli di Proudhon.
Marx affronta principalmente i concetti di valore d'uso e valore di scambio, la teoria della domanda e dell'offerta, la definizione della società borghese e nel finale si parla anche dell'importanza del movimento sindacale; continua l'opera di definizione dei mattoni che costituiranno Il Capitale.
Non vado troppo in profondità sui concetti perché comunque sono sempre gli stessi, più o meno, non posso mica ripeterli per ogni libro. Voglio invece sottolineare un aspetto: il modo di affrontare il discorso economico di Marx, sempre fondato sulla realtà e la concretezza, come d'altra parte era stato espresso nelle Tesi su Feuerbach, contrapposto a un Proudhon che a volte sfocia nel misticismo. In particolare Marx sostiene che Proudhon considera le categorie economiche come delle idee eterne, preesistenti, mentre secondo lui sono le espressioni dei rapporti di produzione di un determinato periodo storico.
Il commercio universale gira quasi per intero su dei bisogni non del consumo individuale ma della produzione. 
Perché dunque il cotone, la patata e l'acquavite sono i pilastri della società borghese? Perché per produrli occorre un lavoro minimo e di conseguenza hanno un prezzo bassissimo. [...] La verità è che in una società fondata sulla miseria, i prodotti più miserabili hanno la fatale prerogativa di servire all'uso della maggioranza.
Cosa distingue il filosofo dal cristiano? Ecco: il cristiano, a dispetto della logica, ha una sola incarnazione del Logos, mentre il filosofo con le incarnazioni non la finisce mai.
Gli economisti hanno un modo singolare di procedere. [...]In questo gli economisti somigliano ai teologi, che, anch'essi, stabiliscono due tipi di religione. Ogni religione che non sia la loro è un'invenzione degli uomini, mentre la loro è una emanazione divina.
Voto: 3,5/5

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